ah! è bello tornare a scrivere sul topic più letto del forum dopo tre anni senza dir nulla a nessuno!!!
chissà quando (e se) qualcuno si accorgerà della cosa....
eccoci dunque all'Expocartoon del maggio 1998, a cui ci presentiamo con il numero 6 della fanza... ai tempi, la Bonelli stava preparando le uscite di Brendon, Julia e Gregory Hunter. La prima serie, in ordine di uscita, è Brendon... quindi urge una presentazione fatta coi controfiocchi. Unici, piccoli problemi: bisogna vincere la ritrosia di Chiaverotti verso le interviste, inoltre i disegnatori di Brendon sono tutti distantissimi (a parte Roi) e, soprattutto, io non ne conosco -personalmente, ovvio- nemmeno uno. Il punto uno si risolve facilmente: siccome Claudio è un amico lo chiamo e ci mettiamo d'accordo per fargli un'intervista via fax. Ai tempi ci sembrava una cosa stranissima, ora è la regola. Piccola disgressione: non ci vuole davvero nulla a mandare ad un autore cinque domande... trovo che i siti internet abbiano abbassato -e di tanto- la qualità di interviste ed articoli sui fumetti. Altra cosa è parlarci faccia a faccia, con un canovaccio di partenza, certo, ma con la possibilità di improvvisare domande partendo dalle sue risposte. E' un pò la stessa differenza che passa tra un giornalista ed il redattore degli annunci mortuari.... Poi magari sono io che sono "solo" troppo vecchio, ma lo trovo triste.
Chiariamo: non che io mi senta chissà quale tipo di giornalista o di critico di fumetti... anzi: sono sempre stato uno scribacchino abbastanza ordinario.
Okkey: tornando a Brendon: come dicevo, la cosa ci sembrava strana, così l'articolo fu stampato a firma Claudio Chiaverotti. Visto che fuori piove e sono in negozio da solo (eqquindi c'ho tempo da buttar via) vi trascrivo l'intro:
"Graziano Galletti e Mario Taccolini, oltre a essere le anime della rivista "Nuvole", sono i soci fondatori e benemeriti della Lega per la Liberazione dei Nani da Giardino, commando Italia (NON STO SCHERZANDO!!!).
Graziano ha una trentacinquina d'anni, da tre è legalmente sposato con la Silvia (in Chiesa, ragazzi! questa è gente che non scherza!), e il camionista sopra casa sua gli rompe sempre le balle.
Mario sbaglia sempre a scrivere il mio cognome, e lo scrive con due erre, ma comunque non potevo resistere a due cuori così sensibili da commuoversi alle strazianti urla di Eolo, Mammolo e Pisolo prigionieri nei giardini. E quindi via, si va a incominciare. Io ho trascritto le domande che loro mi hanno spedito, e ho risposto".
Intervista a Claudio, quindi, poi un riassunto del dossier di presentazione del personaggio. Volevo fare qualcosa anche sulla parte grafica, ed avevo pensato ad intervistare telefonicamente tre disegnatori: Massimo Rotundo, che avrebbe illustrato il numero uno, Corrado Roi, che si sarebbe occupato delle copertine, e Giuseppe Franzella, di cui Claudio mi diceva meraviglie.
Chiamo Stefano Marzorati per farmi dare i numeri di telefono di questi disegnatori, li chiamo e faccio le interviste. Tutto normale? No, ovviamente: dopo un pò mi chiama Marzorati, a cui avevo fatto leggere gli articoli su Brendon, e mi chiede di non pubblicare l'intervista a Roi ("per il suo bene"). In effetti le risposte di Roi erano decisamente inusuali e mostravano un disegnatore totalmente disincantato... alla fine, ho "tagliato" quello che andava tagliato (non avevo alcuna voglia di litigare con la Bonelli per un'intervista secondaria: forse un atteggiamento pavido, in effetti.... c'è da dire che non ci fu nessun diktat, ma solo la richiesta di non innescare una polemica) ed ho pubblicato un'intervista davvero "mini".
Per la copertina utilizzammo un acquerello che Franzella aveva regalato a Chiaverotti (con una R sola).
Il primo "pezzo" realizzato, però, fu l'intervista a Sergio Bonelli. Da parte mia c'è sempre stata una sorta di rispetto reverenziale verso il creatore di Zagor e Mister No (rispetto, misto a una certa dose di venerazione, che non è affatto scemato col tempo) e, quindi, ci volle un poco, prima che mi sentissi "pronto" per intervistarlo. Anzi, se non ci fosse stato anche Graziano, forse non l'avrei mai fatto...... ci accordammo con Marzorati per il giorno e l'ora: Graziano venne a Milano apposta (da Firenze), io presi un giorno di ferie.
Ci accoglie Marzorati, che ci accompagna nella "sede centrale" della Bonelli (che è nell'edificio accanto a quella dove ci sono -tra gli altri- il suo ufficio e quello di Serra). Credo fosse la mia "prima volta"... la sede della Bonelli è il sogno di ogni appassionato di tavole originali: non c'è un centimetro quadrato (di nessuna parete) che non sia coperto di disegni originali di gentucola tipo Pratt, Battaglia, Magnus..... roba da restare DAVVERO a bocca aperta. E non voglio pensare a come può essere la collezione privata di Bonelli.... vabbè: Bonelli è gentilissimo, ci accoglie come dei vecchi amici, poi ci sistemiamo in un ufficio pieno di oggetti di ogni genere (juke-box, miniature di alligatori, souvenir africani...). L'intervista dura almeno un'ora e mezza (e non vi dico il mal di polso per sbobinarla), e diventerà l'articolo portante del numero (da pagina 4 a pagina 14). Riporto anche di questa alcuni momenti salienti:
"Trovo riduttivo dare la colpa (della crisi) solo alla televisione ed agli intrattenimenti alternativi che sono fioriti negli ultimi anni: certo, i giovani hanno più alternative, modi diversi di passare il proprio tempo libero, ma è troppo facile dare la colpa ai lettori. Teniamo presente che il nostro pubblico è l'ultimo baluardo del fumetto in Europa, l'Italia è l'unico paese dove esistono ancora alte tirature. La settimana scorsa sono stato in Inghilterra: non si trovano più fumetti nelle edicole, bisogna andare nelle fumetterie come "Forbidden Planet" (tasto ancora più dolente oggi che il Forbidden è diventato, in pratica, una giocoleria... Nota di Me, 2009); in Francia sopravvivono soltanto i cartonati che si presentano come fumetto sofisticato, d'autore, ed invece spesso contengono materiale di scarsa qualità. Questi sono segnali molto forti. Io credo che il pubblico abbia l'alibi di aspettarsi sempre delle proposte innovative, insolite, che si sia stancato delle solite storie: all'incirca ogni dieci anni, in Italia, viene creato un fumetto con una tematica particolarmente emozionante, che dà una scossa al mercato. Diabolik, quando è uscito, ha innescato tutta una serie di interessi che sono andati a vantaggio anche di altre testat, ha indicato una direzione da prendere. Anche Dylan Dog è uscito in un periodo di grossa crisi ed ha fatto riavvicinare molta gente ai fumetti in generale. Secondo me, quindi, la colpa è un pò nostra che non riusciamo a "catturare" questo pubblico, che è molto distratto. Sono stati fatti dei tentativi, spesso lodevoli (come Hammer, Esp, Sprayliz...): ma sono durati poco perché venduti a un prezzo troppo basso. Queste testate vendevano, credo, 8/10.000 copie, e purtroppo non riuscivano a coprire le spese. Forse la colpa di questa situazione è dei grossi editori, anche mia, che non hanno mai avuto il coraggio di adeguare il prezzo di vendita a quello del cinema, dello stadio... abbiamo sempre considerato il fumetto una cosa povera perché siamo stati abituati troppo bene: L'Intrepido e Topolino vendevano 700.000 copie, Il Monello 500.000, Tex è arrivato a 600.000... ci siamo sempre accontentati di guadagnare poco perché le alte tirature ce lo permettevano. Oggi però il pubblico si è ridotto e il fumetto, per poter sopravvivere, dovrebbe costare di più. Penso che il panorama debba assestarsi in modo diverso, con più testate che potranno permettersi di vendere meno perché avranno un prezzo più alto. Bisogna calcolare che un fumetto di medio successo, oggi, vende 35/40.000 copie: è necessario che, su questi livelli (ma anche solo con 20.000 copie) una testata sia remunerativa per l'editore". 1998, e sono parole adattissime al 2009: ci sarebbe da riflettere su quanto poco sia cambiato nel frattempo... e sul perché gli editori, pur conoscendo la soluzione per mandare in pareggio la maggior parte dei loro fumetti, abbiano ancora paura ad attuarla. Certo: non è l'unica soluzione, ma è quella che (per fare il primo esempio che mi viene in mente) permette la sopravvivenza dei comics statunitensi.
Inoltre: "domanda) Un'ultima domanda, di carattere personale. Sergio Bonelli è nato nel mondo del fumetto e ci è vissuto per moltissimi anni: dopo tutto questo tempo, c'è ancora la passione? risposta) Sì, mi piace leggere. Però avverto, è inutile negarlo, un certo distacco dai fumetti "nuovi" (anche i miei, come Nathan Never e Dylan Dog) e capisco che il mio modo di interpretare il mondo avventuroso è un pò superato, faccio addirittura fatica a seguire certi schemi narrativi. Mi rendo conto che il mio compito è sempre più difficile perché sto perdendo il contatto con il pubblico che invece, fino a qualche anno fa, avevo molto vicino. Le nuove generazioni hanno inevitabilmente radici diverse dalle mie: il cinema, la televisione propongono cose nuove... devo per forza dare fiducia ai miei collaboratori più giovani, che si avvicinano maggiormente ai gusti del pubblico. Questo, certamente, cambia il mio atteggiamento verso i fumetti, però mi piace sempre leggerli, mi danno ancora emozioni... quando arrivano in redazione le tavole originali sono sempre il primo a guardarle... Mi considero ancora un appassionato, però sono giunto alla conclusione che i fumetti fanno bene se presi a piccole dosi, ed ora sto un pò esagerando...".
A corredo dell'intervista c'erano due box abbastanza interessanti: in uno c'era la suddivisione delle tavole del Nathan Neverone n. 3, che era stato disegnato da Gigi Simeoni e Giancarlo Olivares. Sull'albo non erano specificate le tavole disegnate dall'uno o dall'altro. Sull'albo no, su Nuvole sì
.
Nel secondo c'era una domanda "secca" a Carlo Ambrosini: "perché Napoleone si chiama Napoleone?". "Napoleone si muove nel mondo della psiche, dove non ci sono certezze: avevo bisogno di un personaggio con un nome virile ed allo stesso tempo ironico. La parola Napoleone evoca forza, nobiltà, intraprendenza... e poi, una mia amica ha una grossa micia che si chiama così".
A pag. 14 c'era il layout di Bonvi per una pagina di "Maledetta Galassia". Roba che, da sola, valeva le cinquemila lire della spesa...
Già che eravamo in Bonelli, cogliemmo l'occasione per intervistare anche Alfredo Castelli (Martin Mystere si apprestava a festeggiare i duecento numeri): non è che siamo capitati nell'ufficio di Castelli a fare un'improvvisata in stile Cicciobastardo di Austinpoweresca memoria... avevamo preso regolare appuntamento.
Nella prossima puntata: l'intervista a Castelli, un retroscena gustoso su Antonio Serra e Gregory Hunter, le interviste a Charles Vess, Francesco Artibani e Riccardo Secchi, i fumetti di Nuvole..........