| NUVOLE N. 2
Tra il numero 1 ed il numero 2 passò circa un anno. Perché? Sinceramente… non mi ricordo. Probabilmente, “bucammo” l’uscita per la Lucca di marzo ’95. Ed era assolutamente impensabile uscire qualche mese prima della fiera, dove vendevamo un bel po’ di copie: un po’ “al dettaglio” sul prato, un po’ ai negozianti… e, trallaltro, a Lucca s’incontravano tutti i distributori. Comunque: gli articoli per quel numero ebbero tutti una genesi davvero particolare… Ma partiamo dall’incomincio. Anzi: buttiamo lì una premessa: NUVOLE n. 0 (la terza di copertina del n. 2 è una vera miniera d’informazioni…..) uscì per una fiera che si chiamava Palasesto. Alla Lucca del marzo 1994 avevo conosciuto Graziano Galletti, sceneggiatore di Desdy Metus. Ci eravamo poi sentiti via-posta, e ci siamo rivisti a quella di novembre. Graziano girava con un sacco di gente: due disegnatori che avevano da poco debuttato su Lazarus Ledd (Fabio Bartolini e Alessandro Bocci), un giovanissimo clone di Castellini (Simone Bianchi), Giuseppe Di Bernardo, il gestore di una fumetteria di Firenze (Mauro Bruni), e CLAUDIO CHIAVEROTTI. Tutta gente che avrebbe fatto un sacco di strada. Iniziai a frequentarli anch’io (tutti tranne Claudio, che avevo incrociato solo un paio di volte). Per dirla tutta, a quella Lucca fui “beccato” da una televisione locale che mi chiese di fare un paio di domande a Claudio, eppoi mi chiese se volessi toccarlo. Cercai di spiegare che gli appassionati di fumetti non sono poi così “nerd” come li si vorrebbe dipingere, ma il “giornalista” non mi parve per nulla convinto…… Dopo la chiusura di DESDY METUS (la BBD non solo non pagò le storie ed i disegni, non solo chiuse da un momento all’altro… ma s’intascò anche tutte le tavole originali! Prassi abbastanza diffusa, purtroppo, in quel periodo… la stessa cosa l’aveva fatta la EDEN con Full Moon Project), Graziano aveva abbastanza tempo libero, e mi propose di collaborare alla fanzine. Detto, fatto: l’inizio non fu nulla di eclatante… un articoletto che si chiedeva “Che fine ha fatto Desdy Metus?”. Ma, col passare del tempo, Graziano sarebbe diventato una colonna insostituibile di Nuvole. Fu grazie a lui, inoltre, che conobbi Andrea Venturi, Marco Bianchini, Fabio Civitelli, e molti altri disegnatori della Bonelli. Iniziai a frequentare anche Flavio Ravelli, che aveva dato lezioni di disegno ad un ragazzo di Lovere che avevo conosciuto da poco: Valerio Massari. Valerio era influenzato moltissimo da Cavazzano, soprattutto quello di Altai & Johnson. Ci trovammo subito in sintonia (sia con Valerio che con Flavio… anche se i due, nel frattempo, avevano preso vie diverse che non si sarebbero più incontrate). A Flavio regalai le copie dei primi due numeri di Nuvole, e lui mi tenne prigioniero in casa sua per parecchie serate a raccontarmi dei suoi trascorsi con Lupoi, Fumo di China, Berardi… ed a spiegarmi tutti i difetti della fanzine… ricordo che una sera mi accolse addirittura con DUE pagine, scritte fitte fitte a penna, davanti e dietro, di appunti e suggerimenti. Valerio realizzò un’illustrazione per il numero 2, Flavio invece s’incaricò di trovarci un colorista per la copertina. Che sarebbe stato un Dylan Dog di Ambrosini… Flavio si ricordava di un’illustrazione apparsa su Fumo di China (o su un volume della Glenat) di Casertano, con una colorazione molto particolare, ed aveva le idee molto chiare su come sarebbe dovuta essere la nostra prima copertina a colori. Ma parliamo delle interviste. CARLO AMBROSINI: l’avevo conosciuto nel ’91 a Lovere, dove la Comunità Montana aveva organizzato una mostra su Dylan Dog. Lo rividi ad una fiera (credo fosse la prima edizione di Cartoomics, ma non ci scommetterei nulla), parlammo, gli feci vedere i primi due numeri di Nuvole, e ci accordammo per l’intervista. Sarei dovuto andare a trovarlo al suo studio. Lo studio era un delirio: bellissimo! La prima cosa che si notava, entrando, era il biliardino nel corridoio: Ambrosini e gli altri ci passavano delle ore, tra una tavola e l’altra. Lì conobbi anche Enea Riboldi, che si stava riprendendo da un terribile incidente ed aveva da pochissimo lasciato la sedia a rotelle. Parlammo del mio lavoro (ero reduce da un’esperienza incredibile: mi ero occupato del disotterramento di alcuni cadaveri in alcuni cimiteri, dalle mie parti… e sia Ambrosini che Riboldi si mostrarono molto interessati all’argomento), di barche (la grande passione di Enea), del “mio” lago: avevo portato con me alcune copie di un giornale per il quale scrivevo, all’epoca: “Alto Sebino”, e fu così che scoprimmo che, per qualche anno, Riboldi non solo aveva abitato nel mio paese (Costa Volpino), ma addirittura a meno di cinquecento metri da casa mia….. Chiacchierammo per un bel po’, cosicché finimmo per fare l’intervista durante la pausa pranzo: Carlo mi portò in un bar lì vicino, mangiammo un panino (la rima, ovviamente, è assolutamente involontaria….), e registrai il tutto. Ambrosini aveva da poco iniziato a sceneggiarsi le storie di Dylan Dog, e stava già progettando Napoleone. Ma, naturalmente, non poteva dirmi nulla: fece qualche accenno e, nel disegno che realizzò per la copertina, mise Caliendo e Scintillone insieme a Dylan Dog. Il disegno arrivò all’ultimissimo minuto (anzi: se non ricordo male, dovetti andarlo a ritirare allo studio di Milano all’ultimissimo minuto…….), sicchè non me la sentii di insistere chiedendo chi erano quei due strani tizi alti come dei puffi. A domanda, mi rispose: “se tutto va bene, lo scoprirai presto”. ANDREA VENTURI: se qualcuno di voi, leggendo quell’intervista, non riesce a riconoscere il mio modo di scrivere… beh: complimenti! Infatti, nonostante ci sia la mia firma, il pezzo è TUTTO scritto da Venturi. Ma non è così semplice… Quando ne discutemmo, a Lucca, Andrea mi disse che lui, le interviste, le faceva solo “per scritto”, perché diceva che, con le parole, molto spesso non era soddisfatto di come riusciva a rendere il senso di un discorso. A me l’idea non è che m’entusiasmasse… Ma trovammo un allucinante compromesso: sarei andato a Bologna, al suo studio, e lì avremmo fatto una specie di pre-intervista, senza registratore o altro, durante la quale avremmo parlato del più e del meno e, oltre a conoscerci meglio, gli avrei rivolto anche le domande che mi sarebbe piaciuto fargli (essì… perché, alle volte, le domande più interessanti non sono quelle “preparate”, ma quelle che “nascono” lì per lì, mentre l’intervistato sta rispondendo ad un’altra domanda). Lì mi avrebbe dato il disegno per la quarta di copertina (su un punto era stato assolutamente fermo: non mi avrebbe disegnato un personaggio Bonelli senza l’autorizzazione della casa editrice) e mi avrebbe fatto vedere in anteprima le tavole per la storia di Tex alla quale stava lavorando (Venturi era, nonostante ai tempi fossero uscite solo due sue storie, uno dei disegnatori più amati di Dylan, e vederlo passare a Tex fu uno shock per molti). Poi, sulla base di quello che ci eravamo detti, avrei preparato una lista (scritta) di domande alle quali lui mi avrebbe risposto via fax. Una persona davvero squisita (come la maggior parte di TUTTI quelli che ho conosciuto finora)… l’antitesi dell’autore pieno di sé. Quel viaggio a Bologna (come la visita allo studio di Ambrosini) fu una gran bella esperienza. GIORGIO CAVAZZANO: quella non fu un’intervista. Fu il reportage di un incontro avvenuto alla fiera di Torino. Io c’ero andato con Michele Ventimiglia (ricordate? Era uno di quelli con cui andavo a Lucca), con il mio stand di fumetti e fanzine: ricordo che fu una delle prime volte in cui iniziai a non riuscire più a vendere i fumetti in inglese… ricordo che feci affari strepitosi con il numero zero di Arthur King… ricordo che erano da poco uscite le carte MAGIC, che vendevano talmente tanto che venivano distribuite allo stand della WIZARDS solo ad orari stabiliti, ed in quantità minime (c’era una coda paurosa… massimo quattro buste per persona, vendita dalle 15,00 alle 16,00). Michele c’era dentro fino al collo. Io, invece, non mi ci ero avvicinato… Quella sera, in albergo (pagavo io la stanza per tutti e due, in cambio, Michele avrebbe lavorato gratis allo stand), Michele provò a spiegarmi come si giocava. Ma eravamo entrambi troppo stanchi e, per fortuna delle mie tasche, non facemmo in tempo. Registrai la conferenza di Cavazzano e, qualche mese dopo, gliela spedii via fax. Trovai il numero grazie a Valerio, che l’aveva avuto da Flavio, che diceva di conoscerlo bene…. Comunque, una sera riuscii finalmente a parlare al telefono con Giorgio: l’avevo chiamato a casa (e non allo studio) per sbaglio, ed era di fretta perché stava per uscire, ma disse che l’intervista gli era piaciuta. Purtroppo, non riuscii ad estorcergli un disegno……. (continua)
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